Business Affairs

Filiera della moda: il business diventa green

Lo shopping sostenibile rappresenta un’opportunità per la sopravvivenza e il successo di molti brand? È davvero così? Si. La filiera della moda è, a livello ambientale, quella che causa danni  tra i più impattanti, i top player della filiera  si stanno impegnando a rendere i loro business più sostenibili. 

Un esempio su tutti? Giorgio Armani. Lo stilista ha preso diverse decisioni forti: nel 2016 le pellicce animali vengono tolte dalle collezione e poco dopo, stop anche all’uso di pellami esotici (come struzzo e coccodrillo) per gli accessori. Di qualche giorno fa il nuovo annuncio:

«Sono lieto di annunciare l’eliminazione della lana d’angora da tutte le collezioni del Gruppo, a testimonianza di un impegno tangibile per il controllo delle proprie produzioni rispetto alla tutela del mondo naturale» 

Giorgio Armani

La strategia ecosostenibile di Gucci? Ve l’abbiamo raccontata in questo articolo!

Filiera delle moda: fast fashion vs. fashion green

Nella filiera della moda, il fast fashion come Zara, H&M, Zalando, &Co assecondano un modello di business take-make-waste cioè “capi sempre nuovi per essere alla moda”. Incoraggia a gettare e sostituire rapidamente i vestiti, utilizza quantità significative di risorse naturali, sociali e creative e crea sprechi eccessivi.

Leggi l’articolo di approfondimento dedicato a “Fashion & sostenibilità di H&M”

Nell’UE, la filiera della moda con il consumo di tessili è la quarta categoria di pressione più alta in termini di utilizzo di materie prime primarie e acqua (dopo cibo, alloggio e trasporti). È anche il quinto per le emissioni di gas serra. La maggior parte della pressione e dell’impatto è legata ai settori della filiera della moda quali l’abbigliamento e le calzature.

fast fashion

E i consumatori quali scelte prediligono?

Il mercato della moda sostenibile è destinato a più che raddoppiare nei prossimi 10 anni: la  transizione ecologica in tutte le sue molteplici declinazioni è uno dei pillar della Gen Z, le scelte dei consumatori, soprattutto dei più giovani hanno già evidenziato un cambiamento delle abitudini nel 2020 il 63% di loro ha preferito prodotti sostenibili, contro il 29% del 2019. Se circa il 20% prende in considerazione tali aspetti (equità e sostenibilità) solo per discriminare tra prodotti dello stesso prezzo, la grande maggioranza dei giovani (circa tre intervistati su quattro) è disposta anche a pagare di più i prodotti “green” (per il 56% se il prezzo non è troppo più alto e per il 17,8% anche con costo molto maggiore). (Fonte: “Millennial Survey 2021” di Deloitte.)

A che punto è la filiera della moda circolare in Italia?

Monitor for Circular Fashion” di Sda, Bocconi School of Management, è il report che fotografa il punto di vista sostenibile delle aziende che rappresentano la filiera della moda. L’obiettivo del report è quella di dare una chiara visione dello stato di maturità dell’economia circolare nel settore moda italiano. La visione è quindi chiara: un approccio circolare consente di cambiare radicalmente il paradigma alla base del fast fashion. Il report mette in luce tre pillar strategici per avviare il cambiamento.

  1. Dialogo rafforzato tra gli attori della filiera delle moda, le aziende delle filiere annesse, le istituzioni, gli utenti finali, le associazioni, le ONG e altro portatori di interessi rilevanti.
  2. Regolamenti e incentivi che affrontano i requisiti cruciali per il attuazione di un approccio circolare. Questi si applicano alle grandi imprese e alle piccole e medie dimensioni imprese (PMI) per sostenere il loro passaggio a un modello di business circolare incoraggiando gli utenti finali verso comportamenti consapevoli.
  3. Programmi di sensibilizzazione ed educazione su sostenibilità e circolarità con l’obiettivo di: consentire ai consumatori di fare scelte informate; creare consapevolezza della responsabilità condivisa di tutti
    portatori di interessi, comprese le imprese e consumatori, ad assumere un ruolo attivo nel preservare il nostro pianeta; aumentare il domanda di materiali, prodotti e processi più responsabili e sostenibile.

moda sostenibile

 

Come diventare consumatrici più consapevoli?

I cambiamenti, piccoli o grandi che siano partono sempre dai singoli individui: quali sono quindi i comportamenti da adottare per diventare delle consumatrici consapevoli? Ecco i nostri consigli!

  • Attenzione all’etichetta! L’etichetta di composizione dei capi, che spesso tagliamo senza leggere perché causa di fastidiosi pruriti, in realtà contiene informazioni molto importante ed è il primo step per fare acquisti in modo responsabile. Tutti i capi per le normative vigenti, devono esserne provvisti. L’etichetta dev’essere sempre scritta in italiano e in maniera leggibile e su di essa devono essere riportati i nomi per esteso di tutti i materiali  presenti, la loro percentuale in peso (in ordine decrescente), l’identità e gli estremi del produttore.
  • Acquista capi green: cioè quelli realizzati in materiali ecologici e colorati con tecniche “low impact”. Tessuti come il cotone biologico, la canapa e il bambù (che non necessitano dell’uso di pesticidi per la coltivazione), il Lyocell e il Modal (tessuti artificiali di origine naturale estratti dalla cellulosa degli alberi di eucalipto e faggio) o ancora, i filati rigenerati e quelli ricavati dalla plastica riciclata e dal nylon delle reti da pesca. Per quanto riguarda la tintura, una piccola accortezza è quella di ricercare la sigla Oeko-Tex, che segnala appunto capi tinti con colori vegetali o attraverso tecniche a basso impatto ambientale.

  • Vintage e second hand: in contrapposizione al fast fashion il vintage è “tornato di moda”. Si può avere stile anche con un capo di qualche anno fa? Si! Ricercando i must have ed i capi iconici della storia della moda nelle boutique storiche, nelle app o negli e-retail aiuta a dare nuova vita a capi, borse e accessori. 

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